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Cartolina panorama Pianoro

Descrizione

Fin dal Medioevo Pianoro era costituito dall’aggregazione di più comunità, ognuna delle quali con propria autonomia ed indipendenza; il riordino amministrativo compiuto in seguito da Napoleone avrebbe portato all’unione di questi comuni senza però tener conto dell’estrema diversità fra l’uno e l’altro.

L’unica istituzione che rimarrà in vigore a testimonianza del passato sarà la parrocchia.

Agli inizi dell’Anno Mille parte del territorio che attualmente costituisce il Comune di Pianoro era di proprietà di Bonifacio di Canossa, padre della Contessa Matilde; risale a quegli anni la costruzione del castello di Pianoro che, sorgendo sulle rive del fiume Savena e controllando la strada transappenninica che da Bologna portava a Firenze, aveva un’importante funzione strategico-difensiva.
 
Questa strada, di origini molto antiche, costituiva infatti l’unica carrozzabile tra Bologna e Firenze e tracciava un percorso abbastanza simile a quello dell’attuale Statale, la N. 65 “Futa”; essa contribuì notevolmente allo sviluppo economico del fondovalle che però, a differenza di quanto accadde nelle zone collinari, dovette subire numerosi attacchi e soprusi nel corso dei secoli.

Inoltre esistevano alcuni ospizi che sorgevano lungo questa importante via di collegamento, con la funzione di offrire accoglienza e ricovero ai viandanti.

Il castello di Pianoro nel XII secolo apparteneva ai conti Alberti, che si erano succeduti con altre nobili casate (i Panico, i Prato, gli Ubaldini e i Loiani) nel controllo della zona; in seguito venne confiscato dal comune di Bologna e, nel 1377, fu completamente distrutto dai bolognesi che accusarono gli abitanti di Pianoro di cospirare contro la città felsinea.

I Pianoresi ricostruirono così le loro case in un altro luogo, e scelsero quella zona che oggi viene chiamata Pianoro Vecchia.

Il rapporto con la città di Bologna con gli anni migliorò; erano gli anni in cui tra la città principale ed il territorio circostante esistevano due fasce intermedie dette “guardia” (appena fuori dalle mura) e “suburbio” (più esterna, appunto come Pianoro) che godevano di privilegi sconosciuti al contado delle zone circostanti.

Da questi anni in poi, nonostante che ciascuno dei due comuni tendesse a conservare tradizioni e caratteristiche proprie, si formò un profondo legame tra la storia di Pianoro e quella di Bologna.

Nel XVIII secolo Pianoro fu salvata dalla distruzione, da parte dell’esercito spagnolo che saccheggiò e devastò molti dei territori italiani, dal tempestivo intervento del Cardinale Lambertini, futuro Papa Benedetto XIV, il quale fermò il comandante spagnolo che voleva radere al suolo l’intero paese per punire alcuni cittadini ribellatisi ai soprusi, prepotenze e torture perpetrati dei suoi soldati.

Nel 1859 sul colle di None, vicino a Pianoro Vecchia, nella storica villa di Cesare Dallolio, luminosa figura del Risorgimento, trovarono rifugio i patrioti del Comitato bolognese della Società Nazionale, cospiranti contro l’invasore austriaco; successivamente uno dei figli di Cesare, Alberto, storico, letterato e grande amico di Giosuè Carducci, sarebbe poi diventato Sindaco di Pianoro (1873 – 1876), poi Sindaco di Bologna alla fine del secolo e, in seguito, Ministro dell'Istruzione e Senatore del Regno.

Prima che la II Guerra Mondiale ne facesse scempio, Pianoro, che contava poco meno di diecimila abitanti, anche se non propriamente ricco poteva definirsi un paese che disponeva di ciò che era sufficiente per vivere una serena vita di comunità: un cinematografo, le osterie, un rinomato ospedale, un piccolo teatro, la Casa del Popolo poi divenuta Casa del Fascio, ed il “prato della Fiera”, dove si tenevano due importanti sagre.

Anche la struttura dell’antico paese contribuiva, per parte sua, a rendere viva e partecipata la vita della comunità. La serpentina che la strada nazionale disegnava nell’attraversare il paese dava importanza alle numerose botteghe che su di essa si affacciavano, ed anche la locanda della Posta, subito all’ingresso dell’abitato, sembrava messa lì per accogliere al meglio gli avventori di passaggio.

Poi venne il terribile inverno del ’44, con i sei lunghi mesi del fronte a Livergnano e l’evacuazione della popolazione civile dalle zone di guerra: le bombe distrussero Pianoro, case e patrimonio edilizio storico, all’85%.
Case, ponte sulla ferrovia “Direttissima” e stazione ferroviaria, il centro del paese, le antiche chiese di Gorgognano, Monte delle Formiche, Musiano (risalente al 1100), Riosto, Sant’Andrea di Sesto, le numerose ville patrizie lungo la valle del Savena ed il bel castello di Zena, i numerosi oratori sparsi sul territorio: tutto raso al suolo!

A causa delle macerie le stesse truppe alleate, nell’attraversare Pianoro, dovettero rettificare il precedente percorso della Nazionale, tagliando fuori il vecchio centro; la necessità di fare presto indusse gli amministratori di allora a scegliere di ricostruire il paese da un’altra parte, più verso Bologna, lontano dalle piene del fiume.

Ben si comprende, quindi, quanto pesante sia stato l’influsso di simili vicende sulla ricostruzione, anche di quella tesa a ridar vita al senso di appartenenza alla comunità, alle sue radici, alla sua storia ed alle sue tradizioni.
 
Ci furono accesi contrasti da parte di coloro che volevano che la ricostruzione avvenisse dove prima sorgeva la vecchia Pianoro, invece che nella nuova zona dove stavano già sorgendo le prime baracche, e dopo un ricorso al Ministero e la visita a Pianoro dello stesso Ministro dei Lavori Pubblici il progetto di ricostruzione, redatto dall’Architetto Legnani, venne definitivamente approvato alla fine del 1950, con un compromesso che sancì la costruzione di Pianoro Nuova e la rinascita del vecchio borgo.

Dopo le baracche vennero le prime case, realizzate prevalentemente grazie al Piano Marshall, la cui tipologia di origine anglosassone - prevalentemente unifamiliari, su due soli piani, ciascuna con giardino – è stata nel dopoguerra ripresa anche in altre zone dei comuni contermini e, più recentemente, a partire dagli anni '70, in alcuni importanti interventi urbanistici realizzati sul territorio del Comune di Pianoro.

E risale a quegli stessi anni la decisione di ornare entrambi i lati del viale principale del Capoluogo, a fianco del Municipio verso la Chiesa di Santa Maria Assunta, con pini marittimi, che fanno di Pianoro un caso unico nella provincia di Bologna.

Pianoro si estende a sud di Bologna su un territorio di 107 kmq articolato lungo due vallate, sul torrente Zena e sul Savena, collegate tra loro da un reticolo di strade di circa 300 kilometri, che man mano si elevano verso l’Appennino

La natura del terreno è particolarmente varia: da Bologna, lungo la prima parte della valle del Savena, si aprono prospettive ed opportunità paesaggistiche straordinarie, che portano a raggiungere zone calanchive e costoni di arenaria di suggestiva bellezza ed il contrafforte pliocenico, mentre lungo lo Zena si passa nella zona del Parco Naturalistico dei Gessi e dei Calanchi dell’Abbadessa, verso il punto più alto del territorio, il Monte delle Formiche a m. 638 con il suo notissimo Santuario.

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